L’arte del bonsai, perché di questo si può parlare, è una pratica delicata e complessa, che richiede molta pazienza e cura come ogni attività che si svolge rapportandosi con un’altra creatura vivente.
Ma come avvicinarsi a questo affascinante universo dalle mille sfaccettature?
In questo ci aiuterà l’esperienza decennale del presidente dell’associazione “Bonsai club Gonzaga”, Laura Redini.
Signora Redini, ci potrebbe dare una definizione di bonsai?
Letteralmente bonsai vuol dire in lingua giapponese “vaso da coltivare”, da “bon” (vaso) e da “sai” (educare/coltivare) ma esso è molto di più di un albero in miniatura. Questa pianta è il connubio dello sforzo umano e vegetale per raggiungere l’armonia della forma.
Alle sue spalle c’è tutta una tecnica di coltivazione, equilibrio, spazi, amore e passione che si estende per l’intera vita del bonsai o del bonsaista.
Quali sono le sue origini e la sua storia?
Le origini del bonsai si perdono nella notte dei tempi, si dice che la pratica ebbe origine in Cina nei primi secoli dopo Cristo, ma si diffuse e divenne vera arte solamente in Giappone nel XII secolo. Una delle ipotesi è che i primi coltivatori del Bonsai fossero dei dottori cinesi che curavano i loro pazienti con piante medicinali ed essendo nomadi, portavano con sé le loro piante all’interno di contenitori.
Una seconda ipotesi è che si fosse diffusa la pratica di creare dei paesaggi in miniatura, con rocce ed elementi vegetali. Si ritiene che i primi alberi raccolti e messi in vaso fossero stati esemplari dalle forme particolari e contorte.
Essi venivano considerati sacri non potendo essere utilizzati per i normali scopi o come legname.
In seguito le piante vennero coltivate in modo da assumere particolari forme estetiche.
Bonsai da interno o da esterno?
Spesso le persone pensano che il bonsai, essendo un albero piccolo, abbia bisogno di restare in casa, magari sul tavolino in sala ma non è così.
Tutti gli alberi sono da esterno. Possono essercene alcuni provenienti da climi tropicali e subtropicali che d’inverno necessitano di protezione non sopportando l’abbassarsi eccessivo della temperatura, ma in primavera è bene spostare tutti gli esemplari all’esterno.
Gli alberi appartenenti invece al clima temperato hanno necessità di un periodo di dormienza. Un periodo in cui il ciclo vegetativo annuale termina e l’albero si prepara per il prossimo ciclo che riprenderà in primavera.
L’arresto avviene quando calano gradualmente la temperatura e l’intensità luminosa. Facile quindi capire che ciò non potrebbe avvenire tra le mura domestiche.
Le piante vanno coltivate in ambienti simili al clima in cui vivrebbero in natura.
Se coltivassimo un ulivo infatti, esso dovrebbe godere del sole diretto e di poca acqua, se coltivassimo un abete, in inverno dovrebbe poter restare sotto la neve, e così via.
Qualche consiglio per l’acquisto?
Riallacciandoci a quanto detto, chi compera un bonsai deve pensare che acquista un essere vivente e come tale ha bisogno di cure. Noi consigliamo di prendere essenze autoctone che vivono bene con il nostro clima e che possono restare tranquillamente tutto l’anno all’aperto, magari sul terrazzo. Un trucco è posizionare il vaso appoggiandolo sopra ad una piccola asse di legno.
Questo mitiga gli eccessi della temperatura.
Si possono identificare degli stili estetici?
L’arte della coltivazione del bonsai si è perfezionata nei secoli guardando la natura ed individuando degli stili ben precisi che riproducessero un particolare portamento o situazione naturale.
La forma assunta può quindi risultare spontanea come quella dello stile eretto, dettata dalla naturale propensione della pianta ad innalzarsi verso la luce del sole, oppure può svilupparsi in posizioni più anomale, causate dall’azione degli agenti atmosferici.
Gli stili sono circa una trentina come ad esempio: il battuto dal vento, a cascata, la foresta, l’eretto informale, a scopa rovesciata.